Il nuovo corpo delle madri crea spazio, accoglie, protegge. Eppure, spesso, non viene ascoltato. In questo articolo percorriamo l’evoluzione del corpo in una fase delicata di passaggio, nella vita di ogni donna. Leggi fino alla fine per scoprire come possiamo scrivere la storia del nostro corpo.
Quando nasce un bambino nasce anche una madre, dicono. Quello che invece si fa fatica a raccontare è che, spesso, questa nascita secondaria e complementare risulta molto più dolorosa.
Quando un bambino viene al mondo l’identità di una madre vacilla. Deve lasciar andare alcuni pezzi della vita di prima, far spazio ad una nuova di zecca – quella che ha tra le braccia e quella che l’aspetta fuori – e poi ricomporre il tutto in una nuova identità, metà da accogliere, metà da esplorare.
E no, non è affatto semplice. Ci si ritrova a volte davanti allo specchio con la sensazione di non riconoscere più i contorni del proprio volto. Chi sei tu, e che ne hai fatto della me di prima? ci verrebbe da chiedere a quel corpo sconosciuto di madre che il riflesso ci restituisce. Ma alla fine non diciamo nulla e ci ritroviamo lì, in silenzio, ad osservare tutti i pezzi – ancora senza posto – di questa nuova vita. Le relazioni di coppia, le passioni, i progetti, la cura di sé.
E, naturalmente, il corpo.
Ma che strade percorre, esattamente, questo corpo a cui non riusciamo a stare dietro?
Non sono una specialista nel settore del benessere fisico e mentale, ma ho un ricordo ancora bruciante della mia prima gravidanza e del conflitto che ha generato col mio corpo. Un corpo con cui ho fatto pace, e qui ti racconto come.
Il corpo delle madri crea spazio

La gravidanza, a prescindere dal modo in cui verrà vissuta, è un reale spettacolo di trasformazione. Dentro di noi c’è una possibilità che diventa grande quanto un seme e poi un piccolo frutto maturo, i nostri sensi si amplificano e i pensieri si annebbiano, paura e gioia e commozione fanno a gara per avere la nostra attenzione.
E parallelamente il seno cresce, i fianchi si allargano, alcune parti del nostro corpo abbandonano colori vecchi per sfumature nuove, il cuore batte più rapidamente. Tutto, nel nostro corpo, risponde alla chiamata della nuova vita: alcune cose si mettono da parte e ci si fa più spaziose, più accoglienti.
Silenziosamente, giorno dopo giorno, il corpo crea spazio.
Tuttavia, anche se questo cambiamento è difatti impercettibile, è difficile stargli dietro. A volte capita di non sentirci sintonizzati sulla stessa frequenza di un corpo che prende decisioni sue, senza consultarci. Ci sentiamo quasi fuori dalla nostra pelle, come se il cambiamento emotivo e fisico avessero smesso di viaggiare in parallelo.
Respirazione e visualizzazione
Non ho le competenze per dirti perché questo succede, ma voglio assicurarti che è normale. Ti capisco, ci sono passata anch’io.
Quello che mi aiutava molto, in questi momenti, era respirare.
Rallentavo, mi fermavo del tutto e mi concentravo sul mio respiro. L’attenzione andava a questa piccola corrente d’aria fresca che entrava dalle mie narici e poi giù fino ai polmoni e poi ancora più giù, nella mia pancia. Iniziavo a rivolgere lo sguardo dentro di me. Cosa c’era in quella pancia? Quanto era grande mia figlia e cosa stava facendo? Si toccava un piede? Mi picchiettava la pancia con un gomito? E la sua testa, dov’era?
Regolare il flusso di pensieri attraverso il respiro e poi visualizzare cosa stava avvenendo, concretamente, dentro di me, mi aiutava a riconnettermi con questo corpo che spesso tendevo a non ascoltare. E così, spesso, trovavo il modo di vederlo, accoglierlo e farci pace.
Ti è stato utile questo suggerimento?
Il corpo delle madri evolve

Se in gravidanza il corpo crea spazio, con la nascita dei nostri figli il corpo va oltre. Evolve. E lo fa per un motivo preciso, secondo me: evolve perché evolviamo noi.
Spesso nei mesi successivi al parto ci sentiamo ammaccate, spezzate. Ci sembra di esserci un po’ rotte e di aver perso pezzi di identità qua e là, tra le lenzuola di un letto disfatto e le chiamate perse delle amiche di sempre. Veniamo invase da emozioni dirompenti che non ci permettiamo di verbalizzare e ci sentiamo sempre, perennemente in colpa. Investite da una mentalità performante tipica dei nostri tempi, ci sentiamo in colpa se non riusciamo ad uscire dalla tuta per una giornata intera, se i nostri figli non dormono, se siamo costrette a mettere temporaneamente nel cassetto qualche progetto.
E, spesso, ci sentiamo in colpa anche per l’inevitabile: per quel corpo che non si è rifiutato di seguirci in questa nuova vita e lo ha fatto con forme nuove, che noi vorremmo abbandonare e invece restano ancora là, a ricordarci tutto ciò che eravamo e non saremo più.
Ma io questa funzione di promemoria ho imparato ad apprezzarla, col tempo.
Ho imparato ad essere grata a questo corpo che continua ad essere al mio fianco nella mia esperienza di madre, nel lavoro ai miei progetti, nelle mie pratiche di yoga. Ho imparato a dire grazie a ciò che è, perché ha generato la vita e mi ha accompagnato in una nuova vita, tutta da esplorare. E soprattutto, la mia gratitudine va alla possibilità che mi dà di abitarlo, ogni giorno, senza chiedere mai nulla per sé.
Ma questo non è avvenuto così, nell’arco di una notte.
Spazi sicuri di condivisione
Se in gravidanza il filo rosso tra la mia testa e il mio corpo sono stati gli esercizi di respirazione e visualizzazione, nei mesi successivi al parto le cose sono cambiate. Non mi bastava più cercare connessioni attraverso il respiro: ho iniziato ad esplorare il movimento.
Al tempo non praticavo ancora yoga (che poi è diventato il mio grande amore!) ma frequentavo assiduamente lezioni di pilates, con un piccolo gruppo di altre mamme. I movimenti e gli esercizi del pilates mi aiutavano a riportare l’attenzione sul mio corpo, sulla sua forza, le sue possibilità e i suoi limiti. E praticare insieme con altre donne, reduci dalla mia stessa esperienza, rendeva quei momenti ricchi di saggezza, vulnerabilità e consapevolezza condivisa. Senza saperlo, ero riuscita a creare intorno a me uno spazio sicuro in cui potermi lasciare andare e condividere, in maniera autentica, i momenti più luminosi ma anche quelli più cupi della mia personale storia di maternità.
Ogni madre ha una sua storia di nascita e rinascita, ma alcuni pezzi di quella storia – la fatica, il dolore, la paura – sono parte della storia universale di ogni donna. E quando si ha la possibilità di partecipare a questa storia comune di generosità e fragilità, ci si riconnette non soltanto al proprio corpo, ma all’essenza stessa delle nostre esperienze di donne, madri, sorelle.
Di vulnerabilità e di storie al femminile parlo ogni giorno sul mio profilo Instagram. Vieni a trovarmi e raccontami la tua, di storia. Non vedo l’ora di leggerti!
La storia del nostro corpo

Ogni cosa, nella nostra vita, ha una storia.
La nostra famiglia d’origine ha una storia. La nostra casa ha una storia. I libri che abbiamo ereditato hanno una storia. Le strade su cui abbiamo camminato, le persone che abbiamo incontrato, perfino i sogni che abbiamo sognato.
Come tutte le cose della nostra vita, anche il nostro corpo ha la sua storia. Solo che spesso non la vediamo, non la ascoltiamo, ci sembra quasi di non conoscerla. E se non la conosciamo, diventa ancora più difficile accogliere un corpo nuovo ed esprimergli gratitudine.
Cosa possiamo fare allora?
Proviamo a ricordare, a rivivere questa storia: a scriverla.
Prendi carta e penna e parti da lontano. Ricorda fin dove ti ha portato il tuo corpo, ricorda tutte le conquiste, tutti i conflitti e tutte le rappacificazioni. Ricorda tutte le volte che gli hai voluto bene, tutte le volte che si è mostrato generoso, sostenendoti nei momenti più impegnativi della tua vita, senza chiedere nulla in cambio. Ricorda tutte le volte che lo hai ascoltato e tutte le volte che non lo hai fatto.
A cosa serve tutto questo?
Ad accogliere tutti i cambiamenti che lo avranno investito, anche quelli che non ci piacciono. Perché ripercorrendo la storia del nostro corpo, ogni suo dettaglio avrà un senso, l’unico senso che può e deve avere. E in quel momento, ci ritroveremo a pensare che in fondo, a quel corpo vogliamo bene proprio così.

Che mi dici di te? Qual è la storia del tuo corpo?
Vieni a trovarmi su Instagram e raccontami la tua esperienza.
Come al solito, per me leggerti sarà un piacere.
A presto!