Hai difficoltà ad affrontare la paura e tendi a nasconderla ovunque, pur di non accoglierla? Leggi questo articolo: alla fine troverai una storia che ti aiuterà ad abbracciare le tue paure (e magari anche a parlarci un po’).
La paura è un’emozione scomodissima. Ci fa sentire esposti, vulnerabili, insicuri. Concederci di abbracciare le nostre paure è sempre più difficile.
In una società performante che ci spinge a fare fare fare, che ci attribuisce valore – e che ci porta ad attribuirci valore – in base ai risultati raggiunti, concederci un tempo lento in cui mettiamo tutto in pausa e accogliamo le sensazioni più scomode, non è proprio il massimo.
Prenderci quel tempo significa smettere di performare e permetterci di essere. Di stare, con tutto ciò che c’è. Anche se quel che c’è, ci fa paura.
Eppure, accogliere la nostra vulnerabilità (e tutte le emozioni dirompenti che contiene) è proprio il presupposto indispensabile per raggiungere i nostri obiettivi, ci hai mai pensato?
Se non accogliamo le nostre paure (quelle che spesso ci ostacolano e ci portano a non agire), se non le riconosciamo, se non ci parliamo e cerchiamo di farci anche un po’ pace resteremo sempre nell’area evolutiva in cui ci troviamo e non andremo mai avanti.
E qui sta il paradosso: l’approccio performante finisce per essere il primo ostacolo alla performance stessa. Ironico, eh?
Perché una storia sulla paura

Ecco, dopo tutto quello che ti ho detto ho deciso di scrivere una storia sulla paura. Di tutte le emozioni più fastidiose, proprio lei.
Perché?
Perché la paura fa parte di quella sfera di emozioni che inibisce l’azione e non ci permette di evolvere.
Perché la paura è una delle emozioni più soffocate, fin dall’infanzia (quante volte ti è stato detto che per essere coraggiosa quella paura dovevi zittirla?).
Perché la paura viene sempre collegata alla presenza di un pericolo. E invece, a volte ci dice solo che siamo emozionati e pronti per un bel cambiamento che scombussolerà tutti i nostri equilibri.
Ho scritto una storia sulla paura perché questa emozione ci comunica sempre messaggi importantissimi, molti dei quali connessi alla nostra idea di felicità. Eppure noi decidiamo di non ascoltarli.
Ho scritto questa storia perché io, con le mie paure, non ho mai avuto un bel rapporto. Ma un giorno mi sono resa conto che era diventato necessario osservarle con curiosità e poi magari anche parlarci, per poter toccare di nuovo la mia parte più autentica.
Se anche tu hai bisogno di far pace con le tue paure, il racconto di questo mese fa esattamente al caso tuo.
Dov’è che vive la paura?

Strizza era tutto rannicchiato nel suo angolino. Aveva costruito uno spazio confortevole fatto di fogli di quaderno, gomme da cancellare e carte di caramelle dimenticate.
Il cassetto della scrivania non era grandissimo, ma nemmeno Strizza lo era. Un tempo era molto più alto, tondo tondo, col pelo color del mare che fluttuava sotto i sospiri del vento. Ma una serie di eventi lo aveva portato a diventare piccolo, sempre più piccolo. Della dimensione giusta per il cassetto della scrivania di una bambina di otto anni.
Adesso Strizza era lì disteso sul suo letto improvvisato e cercava di afferrare qualche pensiero lontano.
“Dovrei essere lì fuori” pensava. “Dovrei aiutarla ad attraversare la tristezza che ha nel cuore e a trovare le risposte che cerca”.
«Non crucciarti, amico mostro».
Strizza sobbalzò. Era uno dei suoi coinquilini che stava parlando, uno dei tanti sogni ad occhi aperti di Aurora.
«Davvero amico, non essere in pena. Il momento è vicino», ribadì un desiderio non ancora espresso. «Noi desideri queste cose le avvertiamo forte e chiaro.»
Strizza era un mostro ottimista, forse il più ottimista della sua specie. Ma ultimamente la sua fede vacillava.
Sentiva dentro di sé lo sconforto di chi non viene ascoltato. La solitudine di chi non viene accettato.
Strizza sentiva, sentiva tante cose.
Un rumore di passi. Una porta che sbatteva.
Mani frenetiche che frugavano ovunque.
Sospiri che si facevano vicini, sempre più vicini.
Finché successe quello che Strizza desiderava da anni.
Un velo sottilissimo di luce entrò nella fessura del cassetto.
Due mani, due occhi, un volto su cui non c’era ombra di un sorriso.
Strizza lo capì subito: era arrivato il momento di saltare.

Perché Strizza è rinchiuso in un cassetto?
Chi è la bambina che non sorride più?
E cosa succederà, quando si troverà faccia a faccia con il Mostro della Paura?
Come ogni racconto di ordinaria vulnerabilità, anche questo nasce da una vulnerabilità che non è solo la mia ma quelle di tutte noi.
Questa non è la storia della mia paura, è una storia di paure antiche e universali. Spero che tu possa immergerti nelle pagine di questa storia e ritrovare qualcosa che appartiene anche a te.
Se succede, vieni a raccontarmelo su Instagram: sono sempre felicissima di leggere le vostre storie (che sono sempre una bellissima ispirazione per le mie).
Ti aspetto,